Gli indici dei prezzi al consumo e dei prezzi alla produzione rappresentano due indicatori di cui occorre tener conto all’interno del proprio personale calendario macro. Ma che cosa sono? E che cosa potrebbero dirci? E come possono influenzare l’andamento dei nostri investimenti finanziari?

L’indice dei prezzi al consumo

L’indice dei prezzi al consumo (CPI) è un indicatore particolarmente importante sull’inflazione in atto all’interno di un’economia. L’indice si basa infatti sull’andamento dei prezzi di un determinato paniere di beni e di servizi che sono acquistati e utilizzati dai consumatori su base periodale. L’indice è in grado di riflettere i prezzi degli articoli acquistati comunemente dalle famiglie tendenzialmente urbane (che rappresentano la stragrande maggioranza della popolazione statunitense) con migliaia di diversi articoli assunti in considerazione. Il suo calcolo include le tasse sulle vendite, ma esclude altre voci come le imposte sul reddito.

Rilasciato di norma su base mensile (approssimativamente a metà del mese), il dato copre le informazioni relative al mese precedente. Oltre al dato generale, vengono comunicati anche altri valori, come quello base – che non include i prezzi degli alimentari e dell’energia, e pertanto in grado di rappresentare una misura importante, per le scelte di politica monetaria. I prezzi degli alimentari e di quelli energetici sono infatti altamente volatili, mentre gli strumenti della banca centrale sono di norma di lento effetto nel mercato. Dunque, sterilizzare i prezzi al consumo di tutti gli elementi volatili può fornire alle banche centrali un valore aggiunto informativo maggiore.

Come leggere i dati sull’indice dei prezzi al consumo

Ma in che modo gli investitori e i mercati finanziari possono decifrare i dati sull’indice dei prezzi al consumo? In linea di massima, l’elemento informativo desumibile dall’andamento dell’indice sui prezzi al consumo è legato alla sostanziale fornitura di un indizio su quali azioni potranno essere considerate dalle banche centrali nelle loro prossime riunioni di politica monetaria.

In particolar modo, nell’ipotesi in cui si trovi dinanzi a un’economia in espansione e l’indice dei prezzi al consumo stia accelerando più di quanto previsto all’interno di un determinato periodo, avvicinandosi magari all’obiettivo di inflazione fissato dalla banca centrale (intorno al 2%), ciò può essere considerato come un segnale che la ripresa economica sta probabilmente aumentando il proprio ritmo, e – di conseguenza- i trader potrebbero essere portati a sostenere la moneta nazionale.

Di contro, nel caso in cui siamo in un’economia in rallentamento e l’indice dei prezzi al consumo sta aumentando a un ritmo minore rispetto a quello previsto, ciò può essere considerato come un segnale che la pressione inflazionistica rimane debole e la politica monetaria accomodante si rende ancora necessaria per stimolare politiche economiche crescita. Ne consegue che i trader potrebbero essere indotti a vendere la moneta nazionale.

L’indice dei prezzi alla produzione

La lettura dell’indice dei prezzi al consumo viene generalmente effettuata in integrazione e in sinergia all’indice dei prezzi alla produzione, che misura la variazione media nel tempo dei prezzi subiti dai produttori nazionali per la loro produzione. Rilasciato intorno alla metà del mese, il valore copre i dati relativi al mese precedente.

Con tali presupposti, l’indice è in grado di rivelare le tendenze all’interno dei mercati all’ingrosso, delle industrie manifatturiere e dei mercati delle materie prime. Include i dati su tutte le industrie produttrici di beni materiali, con la sola eccezione delle attività relative alle importazioni.

Più nel dettaglio, i dati sull’indice dei prezzi alla produzione possono essere suddivisi in tre diversi elementi statistici: il primo è l’indice sulle materie prime, che mostra la variazione media dei prezzi nel mese di riferimento rispetto al mese precedente per le materie prime come l’energia, il carbone, il petrolio e l’acciaio. L’indice intermedio rappresenta invece le merci che vengono prodotte vendute ad altri produttori per poter creare il bene finito (e non dunque direttamente ai consumatori). Infine, l’indice può essere in grado di rappresentare solo la fase finale della produzione.

Come leggere i dati sull’indice dei prezzi alla produzione

I trader e gli analisti tengono in grande considerazione il dato sull’indice dei prezzi alla produzione, intendendolo come un precursore dell’inflazione e dell’andamento dei prezzi al consumo. D’altronde, è noto che se i produttori pagano le loro materie prime più care, anche il prezzo al consumo sarà mediamente più caro, considerato che i produttori vorranno sostenere i propri margini di profitto.

Chiarito quanto sopra, considerato che a sua volta l’indice dei prezzi al consumo è un indicatore dell’inflazione, i trader vorranno utilizzare l’indice dei prezzi alla produzione come una sorta di anteprima delle valutazioni che seguiranno, anche se in maniera non così stretta.

Di fatti, i dati sull’indice dei prezzi alla produzione difficilmente sono in grado di influenzare l’andamento delle coppie di valute, anche perché – temporalmente – il report con tale indice viene rilasciato prima del rapporto sull’indice dei prezzi al consumo. Ad ogni modo, è errato ritenere che tale indice non abbia conseguenze: viene infatti analizzato e interpretato come uno strumento per poter prevedere il tasso di inflazione. E, considerato che l’inflazione è un segno che il potere d’acquisto della moneta di una nazione si sta riducendo e con ogni unità di valuta locale si finisce con l’acquistare meno beni e servizi, un aumento del tasso di inflazione al di sopra dell’obiettivo dell’inflazione stabilito dalle banche centrali (circa il 2%) ha un effetto negativo sulla valuta.

A sua volta, se una valuta diventa meno valida a causa della pressione inflazionistica, la domanda di tale valuta sarà portata a diminuire, in un contesto che diventa ancora più evidente se il Paese che utilizza tale moneta importa un elevato volume di merci, considerate preziose e necessarie, da un Paese che ha costi di produzione più bassi. Le merci in questione “sembreranno” essere più costose poiché la valuta locale perde valore rispetto alla valuta del Paese esportatore, mentre il tasso di inflazione aumenta quando i prezzi aumentano.

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