La scorsa settimana si è conclusa con una prestazione decisamente negativa per l’indice FTSE MIB, il principale indicatore di Borsa Italiana. Il rosso ha infatti fatto lunga visita alla Borsa milanese, che al termine della sessione ha fatto registrare una variazione negativa per l’1,65%.

La giornata si è caratterizzata per un’apertura piuttosto vivace, con inizio sessione pari a 20.963 punti, sotto i massimi della sessione precedente, procedendo poi sempre più in una condizione di debolezza, prima di chiudere in nuova contrazione sotto quota 20.474 punti, verso i minimi della seduta.

Come investire sul FTSE MIB sulla base dell’analisi tecnica

Attualmente il quadro tecnico sull’indice FTSE MIB sembra suggerire l’esistenza di un trend ribassista che, peraltro, è stato confermato dalle ultime evoluzioni di mercato.

Il quadro suggerisce dunque l’estensione della linea ribassista al test del floor a 20.349,5 punti, con cap a 20.722,7 punti. Qualora il trend ribassista dovesse essere confermato da una buona forza, tale da infrangere il supporto sopra sottolineato, potrebbero aprirsi nuovi minimi verso quota 20.225 punti. Difficile invece immaginare nel breve termine un rimbalzo verso le aree di resistenza: in caso di rimbalzo vigoroso, i successivi obiettivi potrebbero essere posti a 21.085 punti.

Guerra commerciale USA – Cina continua a tenere banco

In questo contesto, è la riesplosione della guerra dei dazi commerciali tra USA e Cina a continuare a tenere banco, in un contesto in cui sull’economia mondiale sta aleggiando minaccioso lo spettro di una recessione.

L’ulteriore accelerazione dell’escalation di violenze commerciali la si è avuta sul finire della scorsa settimana, con Pechino che ha confermato la volontà di imporre dazi su 75 miliardi di dollari di beni prodotti negli Stati Uniti. La risposta di Trump non si è fatto certamente attendere, con il presidente dell’amministrazione statunitense che ha annunciato nuove tariffe fino al 30% per alcuni prodotti cinesi.

Peraltro, non è stata questa l’unica dichiarazione ad effetto di Trump, che negli ultimi giorni ha fatto trascorrere delle ore non particolarmente serene agli investitori. Il nostro riferimento è in particolar modo ai tweet con cui ha definito nemici non solamente il presidente cinese Xi Jinping, quanto anche il presidente della Federal Reserve Jerome Powell, domandando poi chi sia il peggiore dei due.

Chiara, caso mai ve ne fosse bisogno, la sensazione di profonda insoddisfazione di Trump nei confronti di Powell. Tanto che l’inquilino della Casa Bianca ha esplicitamente affermato che se il numero 1 della banca federale statunitense dovesse lasciare il suo ruolo, lui non glielo imperdirebbe. Eppure, il “suo” Powell lo aveva fatto poco prima, con un intervento da colomba a Jackson Hole, nel quale aveva rassicurato momentaneamente gli investitori, che avevano letto positivamente le sue parole di impegno della Federal Reserve a intervenire a sostegno dell’economia.

Evidentemente, però, a Trump non è bastato. E proprio Trump ha dunque ben pensato di porre nuova pressione sulla Federal Reserve, mettendo sul piatto d’argento l’opportunità per poter ridurre i tassi nella prossima riunione in previsione a settembre.

Cosa cambia con i nuovi dazi

Stando alle notizie finora diramate, i nuovi dazi decisi da Trump verranno applicati a partire dal prossimo 1 ottobre, salendo al 30% dall’attuale 25%, su 250 miliardi di dollari di prodotti realizzati in Cina, sui quali pesano già delle tariffe commerciali. Per quanto attiene invece gli altri 300 miliardi di dollari di prodotti cinesi, che saranno tassati dal 1 settembre, i dazi saranno al 15%, invece del 10%, come finora previsto.

Insomma, si tratta di un rincaro ulteriore rispetto ai dazi finora applicati, a riguardare – in sostanza – tutte le importazioni dalla Cina. La quale, ben inteso, ha scelto di portare dazi tra il 5% e il 10% su oltre 5.000 diversi beni statunitensi. Verranno poi ripristinate le tariffe al 25% sull’import di auto e al 5% sulle componenti automotive dal 15 dicembre (erano state sospese il 1 aprile scorso).

Non tutto è comunque perduto. Pur confermando tali dazi, Pechino ha rinnovato l’invito a Washington di “trovarsi a metà strada”, evitando una nuova escalation di tensioni commerciali e i danni all’economia globale (già in odor di recessione).

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