Il cambio EUR/USD è cresciuto per la seconda settimana consecutiva, terminando nella zona di prezzo di 1,1630. In ogni caso, non si è trattato di un balzo particolarmente clamoroso, quasi a precedere una settimana (questa) che dovrebbe invece essere molto più volatile.
Ricordiamo infatti come la scorsa settimana il calendario macroeconomico sia stato relativamente scarso, utile per lasciare le coppie di valute nelle mani del sentimento del mercato e dei rendimenti dei titoli di Stato statunitensi. Da un lato, le azioni si sono riprese sulla base di solide trimestrali, dall’altro lato le preoccupazioni legate all’inflazione hanno portato il rendimento del biglietto del Tesoro USA a 10 anni all’1,70%, il livello massimo da metà maggio.
I timori sull’inflazione
A marzo, i rendimenti più alti erano soliti stimolare una domanda di dollari sostanzialmente migliore, con la soglia dell’1,70% come linea di riferimento. Non è il caso in questi giorni, visto e considerato che i rendimenti più alti del Tesoro USA sono a malapena sufficienti a compensare la propensione al rischio legata alla crescita economica, come riflesso dai guadagni.
Peraltro, il persistere dell’inflazione statunitense diverge grossolanamente dalla visione “temporanea” delle autorità locali. Evidenziamo come l’indice dei prezzi al consumo ha raggiunto un massimo di oltre un decennio del 5,4% a/a a settembre, mentre le aspettative d’inflazione – misurate dal tasso d’inflazione di pareggio a 10 anni, secondo i dati della Federal Reserve di St. Louis – sono salite al 2,64%, il massimo dal 2012.
Gli alti funzionari della Federal Reserve continuano ad esprimere preoccupazione per l’inflazione elevata ed estesa, sottolineando come questo potrebbe costringere la banca centrale ad alzare i tassi prima del previsto. Detto questo, il governatore della Fed Christopher Waller ritiene che gli aumenti dei tassi siano “ancora lontani”, nonostante ritenga comunque che la banca centrale dovrebbe iniziare a ridurre il suo programma di acquisto di obbligazioni prima della fine dell’anno. Il mercato sconta il fatto che la Federal Reserve inizierà a ridurre gli acquisti già a novembre, ma come abbiamo sottolineato nel nostro precedente focus, questo sarà indipendente dal timing di rialzo dei tassi.
Da questa parte dell’Atlantico, invece, l’inflazione europea è stata confermata al 3,4% a/a in settembre, mentre la lettura core per lo stesso periodo è stata dell’1,9%. Alla fine della settimana gli operatori di mercato sapevano che le aspettative d’inflazione dell’UE avevano raggiunto il 2% per la prima volta dal 2014, e sebbene ciò sia lontano dall’essere una preoccupazione, sta aggiungendo pressione su una Banca Centrale Europea.
Le prospettive di crescita economica
Sul fronte dei dati macro, gli Stati Uniti hanno pubblicato gli Initial Jobless Claims per la settimana terminata il 15 ottobre, sorprendendo con una contrazione a 290 mila unità, la lettura più bassa dall’inizio della pandemia. Tuttavia, nonostante il basso numero di persone in cerca di lavoro, le imprese continuano a soffrire di una carenza di manodopera. Il dossier del Dipartimento del Lavoro ha mostrato che i posti di lavoro vacanti sono stati 10,4 milioni in agosto, dopo un record di 4,3 milioni di lavoratori che hanno lasciato il loro lavoro. Di solito, questo è inteso come un segno di fiducia nell’economia, anche se tale dinamica è cambiata con la pandemia. I funzionari della Fed sono molto più ottimisti sulla situazione dell’occupazione rispetto a quanto suggeriscono le cifre reali.
Venerdì inoltre Markit ha pubblicato le stime preliminari dei suoi PMI di ottobre. Secondo il dossier ufficiale la crescita dell’attività commerciale nell’Eurozona è rallentata bruscamente a un minimo di sei mesi in ottobre, a causa delle note strozzature nell’offerta e delle preoccupazioni sul COVID-19, con una contrazione più marcata nel settore manifatturiero, ma anche con un raffreddamento nei servizi. L’indice manifatturiero è stato pubblicato a 58,5 punti, mentre quello dei servizi è arrivato a 54,7 punti. In Germania, la produzione manifatturiera è stata migliore del previsto dopo aver toccato il 58,2 punti, mentre il PMI dei servizi è crollato a 52 punti, il più basso in sei mesi. I dati statunitensi sono stati abbastanza incoraggianti, dato che il PMI dei servizi è migliorato a 58,2 punti, battendo le aspettative, mentre il Markit PMI è sceso a 59,2 punti, mancando il livello di 60,3 punti previsto.
La prossima settimana sarà sicuramente più impegnativa sotto il profilo del calendario economico. Giovedì, in particolare, sarà un giorno critico: la BCE annuncerà la sua decisione sulla politica monetaria, mentre gli Stati Uniti pubblicheranno la stima preliminare del prodotto interno lordo del terzo trimestre, quest’ultimo previsto al 3,2% QoQ, circa la metà del precedente 6,7%. Venerdì, anche l’UE svelerà il suo PIL Q3, previsto all’1,9%, in calo dal 2,2% del Q2. L’Unione rilascerà anche la stima preliminare del suo indice dei prezzi al consumo di ottobre, che dovrebbe essere salito dal 3,4% al 3,7%.
Per i singoli Paesi, all’inizio della settimana la Germania pubblicherà il sondaggio IFO di ottobre e il sondaggio GFK sulla fiducia dei consumatori di novembre, mentre gli Stati Uniti vedranno il rilascio del CB Consumer Confidence. Anche gli ordini di beni durevoli statunitensi sono in agenda, previsti a -0,2% mensile in calo rispetto all’1,8% di agosto. Infine, la Germania rilascerà le stime preliminari dei dati sull’inflazione di ottobre e il PIL del terzo trimestre.
Analisi tecnica EUR/USD
Il grafico settimanale della coppia EUR/USD mostra che il tasso di cambio ha raggiunto il massimo a 1,1670. Stando al grafico giornaliero, il cambio EUR/USD rischia di ritirarsi ulteriormente. In questo senso, il primo supporto è posto a 1,1615, superato il quale ci potrebbero essere spazi per puntare a ritestare il minimo dell’anno a 1,1523, mentre una rottura al di sotto di quest’ultimo espone un’area di supporto statico a lungo termine intorno a 1,1470. Se i tori riuscissero a spingere la coppia sopra 1,1670, l’avanzata correttiva potrebbe continuare verso 1,1720 prima, e poi fino a 1,1840.
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