Il dollaro USA ha chiuso la scorsa settimana con una prestazione in flessione, in linea con il calo dei rendimenti su dati. I dati PMI pubblicati in chiusura di settimana sono risultati più deboli delle attese e hanno segnalato l’avvio di una fase di rallentamento della crescita economica del Paese.

Per quanto concerne questa settimana, sarà importante monitorare l’evoluzione del FOMC di mercoledì al cui interno dovrebbe spiccare un rialzo dei tassi di 75 pb: una simile decisione sarà in grado di indicare in modo chiaro come al momento la Fed abbia come obiettivo primario il contrasto all’inflazione, anche se questa scelta potrebbe penalizzare in modo non marginale la crescita economica.

Se così fosse, il dollaro dovrebbe ottenere un buon supporto, almeno nel breve termine. Dando quasi per scontato un simile rialzo, gli analisti si concentreranno soprattutto sulle eventuali indicazioni sul sentiero futuro dei tassi: se ci saranno le condizioni perché la Fed riduca l’entità dei rialzi (a 50 pb) alla successiva riunione di settembre, allora l’upside del dollaro dovrebbe iniziare a ridursi già nel breve termine. In caso contrario non è escluso che la valuta verde possa superare i massimi recenti. Il tutto potrebbe però essere influenzato pesantemente dall’incertezza globale, che potrebbe favorire il biglietto verde nel suo ruolo di safe haven.

Dal canto suo, L’euro ha chiuso la settimana passata in leggero recupero ritornando sopra la parità e toccando fino a quota 1,02 EUR/USD. La moneta unica ha evidentemente tratto beneficio dal rialzo dei tassi BCE, più elevato delle attese, pur essendo penalizzata da alcuni dati macro che hanno mostrato un indebolimento più ampio del previsto.

I timori per la crescita economica dell’area potrebbero far scendere ancora l’euro, anche alla luce dell’incertezza geopolitica. I dati dei prossimi giorni (indici di fiducia giovedì, Pil del 2° trimestre venerdì, inflazione venerdì), e l’esito del già rammentato FOMC, potranno impattare con uno scenario ribassista per l’euro.

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