Russia e Cina non sembrano essere intenzionate a far dormire sonni tranquilli a Washington. Le loro manifestazioni di unità diplomatica, gestite in modo piuttosto scenografico dal Cremlino, sembrano infatti aver riacceso la nota familiarità tra Xi Jinping, in vista a Mosca la scorsa settimana, e Vladimir Putin.

Guai, però, a pensare che la relazione tra le due superpotenze si stia limitando a reciproci attestati di stima. Il loro rapporto è molto più concreto di quanto si possa pensare e, peraltro, molto più strategico in ambito valutario, volto probabilmente a rovesciare il dominio del dollaro USA.

Forex, gli accordi tra Russia e Cina

Per avere una consapevolezza di ciò, è sufficiente ricordare che Putin si è esplicitamente impegnato ad adottare il renminbi (la valuta cinese) per i pagamenti tra la Russia e i Paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina, nel tentativo di sostituire il dollaro.

Non è una novità assoluta: Mosca sta già utilizzando il renminbi per i suoi crescenti scambi commerciali con la Cina e lo sta adottando nelle sue riserve della banca centrale, per ridurre la sua esposizione agli asset americani, evidentemente sgraditi.

Anche se – ribadiamo – questo atteggiamento non è una novità, le cose stanno rapidamente cambiando, e in peggio, per il dollaro.

Se infatti la natura sostanzialmente chiusa del conto capitale della Cina è un ostacolo a un uso più ampio della sua valuta, è anche vero che l’annuncio di Putin ha un peso insolitamente rilevante in questo momento: si teme infatti che le turbolenze bancarie statunitensi di questo mese, la super inflazione e l’incombente battaglia sul tetto del debito rendano meno attraenti gli asset basati sul dollaro.

A pensarla così sono anche alcuni noti economisti.  Tra i più noti c’è Jim O’Neill, ex economista di Goldman Sachs che ha coniato l’etichetta Brics, e che ha pubblicato questa settimana un documento in cui sostiene che “il dollaro gioca un ruolo troppo dominante nella finanza globale” e invita così i mercati emergenti a ridurre i loro rischi.

Anche l’Arabia Saudita riduce l’uso del dollaro

Ma l’altro fattore che suscita ancora maggiore inquietudine in Washington è che, ancor prima della visita di Xi a Mosca, il governo saudita ha annunciato che inizierà a fatturare in renminbi alcune esportazioni di petrolio verso la Cina. Inoltre, la Francia ha appena effettuato la sua prima vendita di gas naturale liquido in renminbi e il Brasile ha adottato questa valuta per alcuni dei suoi scambi commerciali con la Cina.

Certo, si tratta di gesti apparentemente simbolici che, per il loro controvalore, non stanno danneggiando il biglietto verde. Tuttavia, il dato sembra essere tratto e il trend di graduale riduzione dell’uso del dollaro è avviato da tempo. Si consideri, per esempio, che la quota del dollaro nelle riserve globali è scesa dal 72% del 1999 al 59%, con le banche centrali di tutto il mondo che stanno diversificando sempre più i loro fondi di investimento e abbandonando i vincoli valutari.

Quale futuro per il dollaro

Ma quale potrebbe essere il futuro per il dollaro? Sul breve termine è difficile che possa cambiare qualcosa, considerato che i mercati dei capitali dell’euro e del renminbi sono poco profondi (il primo) e chiusi (il secondo).

Nel medio termine, però, le cose potrebbero cambiare. E, citando ancora una volta le previsioni di O’Neill, è ben possibile che nei prossimi anni possa emergere un mondo valutario multipolare…

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