Nel nostro precedente approfondimento abbiamo visto in che modo la Banca centrale può interagire nelle attività economiche andando a influenzare l’offerta monetaria. Abbiamo altresì compreso quali siano le conseguenze delle singole azioni dell’istituto banchiere centrale, e quali siano gli obiettivi che lo stesso può perseguire mediante tali interventi.

Giunge oggi il momento di occuparci degli aggregati monetari, ovvero della misura del denaro disponibile sull’economia, conteggiato attraverso diversi – appunto – aggregati tradizionalmente contraddistinti con la lettera M, seguiti da un numero tra 0 e 3. Vediamo che cosa significa, e quali sono le relazioni tra gli aggregati monetarie e la politica monetaria con un’avvertenza: le conclusioni di cui sotto sono relative a quanto avviene nell’eurozona, ma con qualche piccola divergenza possono comunque assumere una connotazione complessiva globale.

Quali sono gli aggregati monetari nell’eurozona

Aggregati monetari
Aggregati monetari

La moneta svolge diverse funzioni all’interno del sistema economico, e proprio per questo motivo si rende necessario cercare di definirla attraverso differenti aggregati monetari, ognuno dei quali in grado di esercitare funzioni piuttosto significative in relazione a quanto deve essere assunto in considerazione.

Scorrendo il seguente elenco, sarà tutto un po’ più chiaro (forse!).

M0, o base monetaria

Cominciamo con l’aggregato monetario M0, chiamato anche come “base monetaria”. Si suole definire con M0 la moneta legale, intendendo per tale le banconote e le monete metalliche che sono accettate come strumento di pagamento, e le attività finanziarie che possono essere immediatamente convertite in moneta, senza alcun costo (si tratta delle passività della banca centrale verso le banche o verso altri soggetti).

Di qui, una piccola differenza con quanto avviene negli Stati Uniti. Per la Federal Reserve, infatti, M0 è l’aggregato di base monetaria che comprende le sole monete e banconote in circolazione. Quello che noi chiamiamo M0, pertanto, negli Stati Uniti è indicato come MB, comprendendo M0 e le altre componenti della base monetaria di cui sopra.

M1, o liquidità primaria

L’aggregato monetario M1 comprende le monete e le banconote in circolazione, e le attività finanziarie che possono fungere da mezzo di pagamento (come ad esempio i depositi in conto corrente che possono essere rapidamente trasferiti mediante assegni pagabili a vista, i traveler’s cheque, e così via). In questo aggregato non sono invece assunte in considerazione le monete e le banconote depositate, ovvero non in circolazione e… il motivo è abbastanza semplice: assumendo in considerazione anche tali strumenti, si avrebbe un doppio conteggio in grado di gonfiare in modo esasperato la liquidità primaria (le banconote e le monete finirebbero con il rientrare sia nel circolante che nei depositi).

M2, o liquidità secondaria

Altro aggregato monetario è quanto chiamato M2, che comprende non tutte le attività già viste nell’aggregato M1, oltre alle altre attività finanziaria che hanno un’alta liquidità e un valore certo in qualsiasi momento futuro. Si tratta pertanto di un aggregato che include la moneta, i depositi bancari e di altro tipo (come quelli postali) che non sono trasferibili mediante assegno, e così via.

M3

Si giunge infine all’aggregato monetario M3, che comprende quanto abbiamo già visto in M2, oltre a tutte le altre attività finanziarie che possono fungere da riserva di valore (come la moneta): si pensi alle obbligazioni e ai titoli di Stato che hanno una scadenza di breve periodo (Bot).

Per il regolamento della BCE:

  • M1 è l’insieme di monete e banconote in circolazione in un dato momento, e i depositi a vista;
  • M2 è l’aggregato M1 + i depositi con scadenza fissa entro i due anni + i depositi rimborsabili con preavviso fino a 3 mesi;
  • M3 è l’aggregato M2 + i pronti contro termine + le obbligazioni con scadenza fino a 2 anni + le quote di fondi di investimento monetario + i titoli di debito con scadenza fino a 2 anni.

Che relazione esiste tra gli aggregati monetari e la politica monetaria

Se quanto sopra è sufficientemente chiaro, lo è anche il concetto secondo cui gli aggregati monetari possono misurare efficacemente l’offerta di moneta che esiste in un dato momento all’interno di un sistema economico. Pertanto, gli aggregati monetari possono influenzare i tassi di interesse e i tassi di inflazione, considerato che – è un concetto che abbiamo già esaminato nei precedenti focus – più offerta di moneta equivale a un minore tasso di interesse e in maggiore inflazione (più liquidità c’è sul mercato bancario, più le banche vorranno cederla a minore prezzo, più i consumatori e le imprese vorranno indebitarsi, più saranno i consumi e gli investimenti).

Proprio per il motivo di cui sopra gli aggregati monetari sono generalmente utilizzati per poter esprimere gli obiettivi di politica monetaria. Le banche centrali si soffermano in particolar modo sull’aggregato M3, che è il primo pilastro della politica monetaria BCE (il secondo è l’andamento dei prezzi al consumo). Il consiglio direttivo dell’Eurotower lo ha ad esempio stabilito al 4,5%, ma negli anni la crescita si è sempre mantenuta superiore, con la BCE che giustifica l’utilizzo prioritario di tale aggregato con la sua maggiore stabilità nel medio periodo e la migliore capacità di anticipare l’andamento dei prezzi rispetto agli aggregati più ristretti.

Attenzione tuttavia a non considerare l’M3 come un obiettivo di politica monetaria: si tratta di un mero valore riferimento che, per esempio, alcune banche centrali (come la Fed) non pubblicano più come dato di aggiornamento, ritenendolo di scarsa importanza rispetto ad altri aggregati.

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