La scorsa settimana ha costituito stato l’ennesimo periodo di turbolenza per i mercati valutari. Il contagio del coronavirus ai danni del presidente Donald Trump ha evidentemente fatto notizia a livello mondiale ma, fortunatamente, dopo aver ricevuto un trattamento farmaceutico particolarmente sofisticato e dopo aver trascorso tre giorni in ospedale, Trump è tornato alla Casa Bianca e si è dimostrato ottimista sul suo completo recupero. I suoi medici hanno insistito sul fatto che non è ancora “fuori pericolo”, ma il peggio sembra effettivamente essere passato, tanto che il dollaro ha ceduto parte del suo ruolo di rifugio sicuro una volta che le nubi si sono diradate.
Con Trump a riposo, il dibattito mediatico tra le due parti si è spostato sul ruolo dei vice: l’incontro si è svolto in un contesto più civile, ma non di certo meno teso, alimentando la possibilità per i Democratici di vincere le elezioni presidenziali. I sondaggi nazionali mostrano infatti un chiaro vantaggio di Biden, soprattutto in alcuni Paesi che vengono ritenuti decisivi per l’esito finale.
Per quanto concerne poi il tema dello stimolo fiscale, come già commentato la scorsa settimana, il destino del prossimo pacchetto di aiuti ha un impatto maggiore rispetto alla politica. I repubblicani e i democratici hanno tenuto lunghe trattative, fino a quando Trump ha bruscamente interrotto le negoziazioni innescando un’inversione di tendenza.
Da questo lato dell’Atlantico è poi evidente che il tema centrale sia legato all’evoluzione dell’infezione. Nelle ultime settimane la condizione sanitaria dell’eurozona sta peggiorando ulteriormente. I bar di Parigi hanno ricevuto l’ordine di chiudere i battenti, così come la vita notturna a Berlino. Madrid è in isolamento e rimane il punto caldo dell’Europa. I dati macroeconomici non sembrano aiutare, dando così l’impressione che il futuro a breve termine sia tutt’altro che roseo.
La stessa Christine Lagarde, Presidente della Banca Centrale Europea, ha espresso preoccupazione per la ripresa incompleta e incerta dell’economia continentale, che non potrà che pesare sull’euro. Tuttavia, ha anche ribadito la posizione della BCE secondo cui il tasso di cambio non è un proprio obiettivo, consentendo alla moneta comune di stabilizzarsi.
Si guarda ora con timore alle prossime potenziali restrizioni in tutta Europa. L’aumento delle infezioni da COVID-19 potrebbe comportare nuove limitazioni in altri Paesi e città oltre a quelli già segnalati nelle scorse righe, e di ciò si potrebbe indirettamente parlare in settimana in ambito internazionale. I leader dell’UE si riuniscono giovedì e venerdì con diversi argomenti da affrontare. Brexit può essere in cima all’ordine del giorno, ma tende ad avere un impatto sulla sterlina piuttosto che sull’euro. È invece più probabile l’impatto che sulla moneta comune potrebbero avere le discussioni sulle misure di attuazione del Recovery Fund: diversi Paesi, come la Spagna, hanno già presentato piani su come impiegare il denaro.
Per quanto concerne poi un’analisi tecnica sul cambio euro dollaro, si noti come EUR/USD sia rimbalzato ai minimi storici, ma non sia ancora “fuori pericolo”. Sebbene la coppia valutaria sia scambiata sostanzialmente al di sopra delle medie mobili semplici a 100 e 200, lo slancio rimane al ribasso.
La resistenza critica attende il cambio a 1,1810, e dunque a 1,1870, massimo alla fine di settembre, seguito dal picco di 1,1920. Più in alto, ci sono altre resistenze chiave a 1.1965 e 1.2010.
Di contro, sul lato negativo un primo supporto agisce a 1,17 – un livello psicologicamente significativo che ha sostenuto la coppia nei mesi di ottobre e agosto. Segue poi un altro livello di supporto a 1.1610, e quindi a 1.1680 e a 1.1530.
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