Le obbligazioni strutturate sono una particolare categoria di titoli, in grado di celare interessanti opportunità di rendimento. Ma perché questi strumenti di debito si chiamano “strutturati”? In cosa consiste questa “struttura”? Che tipologie di obbligazioni strutturate possono essere acquistate? E con che caratteristiche? Dopo aver visto con l’articolo precedente le obbligazioni subordinate, ritorniamo oggi a parlare di una diversa tipologia di obbligazioni, quelle strutturate.
Indice
Obbligazioni strutturate: cosa sono
Per comprendere che cosa siano le obbligazioni strutturate non possiamo che partire con un breve focus sul loro nome. Ad essere “strutturato” è infatti il modo in cui viene calcolata la remunerazione che esse offrono, ovvero l’entità della cedola e l’eventuale indicizzazione del capitale che viene rimborsato alla scadenza (cioè, i due elementi che, tradizionalmente, influenzano il valore di un investimento obbligazionario).
I titoli strutturati non sono una novità assoluta nel panorama finanziario italiano (anzi). Tuttavia, è proprio in questi ultimi anni che tale categoria di strumenti di finanziamento (per le aziende) e di investimento (per i sottoscrittori) ha subito una diffusione esponenziale, grazie all’attività di specialisti che hanno progettato e semplificato questi titoli. A questo punto, se vi abbiamo incuriosito, non possiamo che cercare di individuare quelle che sono le principali tipologie di obbligazioni strutturate: non è un elenco completo, ma nelle righe che seguono trovate certamente le casistiche più comuni.
Obbligazioni con floor e/o cap
In questo viaggio, cominciamo con le obbligazioni dotate di floor e/o di cap. Si tratta di titoli obbligazionari strutturati a tasso di interesse variabile con i quali l’emittente non riconosce al sottoscrittore eventuali aumenti dei tassi di interesse al di sopra di un determinato livello (cap) e/o garantisce che il tasso d’interesse pagato dall’obbligazione non scenda al di sotto di un certo livello (floor). In altri termini, si tratta di titoli obbligazionari strutturati che hanno un rendimento teorico minimo e/o massimo, e in cui pertanto il ritorno dell’operazione non potrà che essere superiore a un minimo, inferiore a un massimo, o compreso tra il minimo e il massimo.
Si tenga conto, in termini di definizione, che nell’ipotesi in cui la clausola floor e/o cap sono presenti in via contemporanea, l’obbligazione si dice “collared”, con un tasso di interesse che sarà compreso all’interno di una fascia di oscillazione, chiamata – appunto – “collar”.
Obbligazioni step up e step down
Le obbligazioni step up e step down sono titoli obbligazionari che prevedono un aumento programmato (step up) o una diminuzione programmata (step down) del tasso di interesse corrisposto. Considerato tale particolare meccanismo di evoluzione del tasso di interesse, spesso molti investitori confondono questa classe di titoli con le obbligazioni a tasso variabile. In realtà, si tratta di due categorie profondamente diverse, visto e considerato che nell’ipotesi di sottoscrizione di obbligazioni step up e step down, la variazione della misura della cedola è programmata ex ante, e non tiene conto in alcun modo dell’andamento di mercato.
Quanto sopra genera altresì interessanti margini di valutazione e di redditività in capo all’investitore. Se per esempio il trader si attende una diminuzione dei rendimenti di mercato, potrebbe trovare appetibile acquistare un’obbligazione “step down” se ritiene che la discesa dei rendimenti sarà più rapida rispetto al programma di riduzione della cedola, e viceversa.
Obbligazioni reverse floater
Passiamo dunque alle obbligazioni c.d. “reverse floater”, dei titoli obbligazionari a tasso variabile, con indicizzazione che è contraria rispetto all’andamento dei rendimenti di mercato. in altri termini, nell’ipotesi in cui i rendimenti di mercato dovessero aumentare, il tasso di interesse che sarà pagato da questa tipologia di obbligazioni si riduce, e viceversa. Per quanto intuibile, l’appetibilità di questi strumenti sarà tanto più elevata quanto maggiori saranno le attese di una netta e duratura discesa dei rendimenti di mercato. Attenzione tuttavia alla loro forte volatilità: un elemento che non li rende particolarmente adatti a chi è alla ricerca di un investimento sereno.
Obbligazioni fixed floater
Giungiamo ora alle obbligazioni fixed floater, definibili come strumenti obbligazionari che in una prima fase della loro vita corrispondono al sottoscrittore un tasso di interesse fisso e generalmente piuttosto elevato. Successivamente a questa prima parte (che dura alcuni anni),i titoli in questione divengono strumenti obbligazionari a tasso variabile, indicizzati a un rendimento di mercato in maniera tale che la remunerazione che essi offrono si riduca, spesso in maniera piuttosto significativa.
Obbligazioni reverse convertible
Arriviamo infine alle obbligazioni reverse convertible, titoli costituiti da un mix tra un’obbligazione ordinaria a breve termine (di durata di solito inferiore all’anno) e un’opzione put implicitamente venduta dal sottoscrittore all’emittente. Per questa loro caratteristica, le obbligazioni che ricadono in questa categoria corrispondono al possessore una cedola di ammontare elevato rispetto a obbligazioni di pari durata, il cui spread (cioè, il differenziale di cedola delle reverse convertible rispetto a quelle tradizionali) che è il premio dell’opzione put implicita venduta dal sottoscrittore all’emittente.
In tal proposito, ricordiamo come l’opzione put permette all’investitore che alla scadenza dell’arco temporale previsto il capitale venga rimborsato alla pari solamente se il prezzo di un determinato asset sottostante l’opzione (azioni) è superiore a un determinato livello (strike price, o prezzo d’esercizio). In caso contrario il rimborso avverrà mediante la consegna di un determinato numero di azioni (cioè, l’asset sottostante) o versamento del loro controvalore, inferiore al valore nominale del prestito obbligazionario. Si tenga infine conto che l’opzione put può essere anche knock-in, prevedendo che la consegna delle azioni non solo sia subordinata al fatto che il prezzo del titolo deve essere inferiore allo strike price, quanto anche che deve essere più basso di un determinato livello di prezzo almeno una volta nel corso della vita dell’obbligazione.
Riferimenti esterni utili: http://www.borsaitaliana.it/
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