Quando ci si avvicina al mondo dell’analisi fondamentale di una valuta, appare evidente come uno dei fattori più influenti sull’evoluzione dei cambi sia il corso della politica monetaria che viene adottato dalle banche centrali.

La banca centrale di un Paese agisce infatti come un’autorità monetaria che punta a raggiungere l’obiettivo prioritario della stabilità dei prezzi utilizzando, appunto, la politica monetaria per poter controllare l’offerta monetaria o l’importo totale di denaro disponibile nell’economia. Intuibilmente, ogni istituto monetario cercherà di conseguire i propri obiettivi mediante uno scenario di equilibrio, andando cioè a costituire un buon mix ponderato e integrato tra il tasso di inflazione e la crescita economica del Paese a cui appartiene.

Utilizzando altre parole, è possibile affermare come una banca centrale abbia come obiettivo quello di mantenere la stabilità dei prezzi e la stabilità del ritmo di crescita economica nel Paese, sulla base dei target predeterminati.

Che cos’è la politica monetaria

Chiarito quanto in premessa, possiamo definire la politica monetaria come quella serie di attività e di processi con cui la banca centrale (ovvero, l’autorità monetaria), controlla l’offerta monetaria, intesa come la disponibilità di denaro e il suo costo, al fine di raggiungere i propri obiettivi, orientati verso la crescita economica e la stabilità generale.

Sulla base (anche) di quanto anticipato, possiamo pertanto affermare che la politica monetaria si occupa di gestire la relazione tra i tassi di interesse nell’economia e l’offerta totale di denaro: nelle ipotesi in cui la banca centrale scelga di espandere l’offerta monetaria, sarà disponibile una maggiore quantità di denaro per gli investimenti o per la spesa, con effetto favorevole sulla crescita economica del Paese (d’altronde, gli investimenti aziendali e la spesa delle famiglie sono le determinanti principali della crescita economica di una nazione).

Tuttavia, se l’offerta monetaria si espande troppo rapidamente, raggiungendo livelli elevati, viene indotto un alto tasso di inflazione, che è di solito considerato come un fattore determinato per l’economia. L’elevata inflazione può infatti pregiudicare il potere di acquisto: nel caso in cui l’offerta di moneta si contragga in maniera eccessiva, comporterebbe un tasso di inflazione più basso e potrebbe altresì rallentare la crescita.

Se quanto sopra è chiaro, possiamo altresì rammentare come per poter trovare l’equilibrio tra un tasso di inflazione ragionevole e una crescita economica sana, le banche centrali attuano due diversi tipi di politica monetaria: quella di natura accomodante, e quella di natura restrittiva. Ma quali sono le differenze?

Politica monetaria accomodante

Se l’autorità monetaria avvia una politica di tipo espansivo, significa che la banca centrale tenderà a incrementare l’offerta monetaria nel Paese. Questo conduce poi a un aumento degli investimenti aziendali, una maggiore spesa per i consumatori e uno stimolo alla crescita economica mediante tassi di interesse più bassi (i prestiti diventano più economici).

Naturalmente, una simile politica (che nei termini di cui sopra potrebbe essere super positiva) ha anche dei punti di attenzione e di accortezza. Attuando una politica accomodante, infatti, la banca centrale punta a tagliare di tassi di interesse reali, e riducendo i tassi di interesse reali le attività finanziarie e patrimoniali del Paese tendono a diventare meno attraenti, a causa dei rendimenti meno elevati. Gli investitori stranieri saranno dunque probabilmente indotti a tagliare le proprie posizioni sul debito nazionale, sull’immobiliare, sui titoli e sulle altre attività. Gli investitori nazionali tendono ad astenersi dall’investire nel proprio Paese, e cercheranno rendimenti più interessanti all’estero.

Uno scenario di cui sopra, pertanto, comporta la diminuzione dell’attività di investimento nazionale, con domanda più bassa per la moneta nazionale e una domanda più elevata per la valuta del Paese estero: il tasso di cambio della moneta nazionale dunque tende a diminuire.

Politica monetaria restrittiva

Se l’autorità monetaria pone in essere una politica monetaria restrittiva, diminuisce l’offerta monetaria nel Paese. In altri termini, se la banca centrale ritiene che l’offerta di moneta è su livelli troppo elevati, e vuole ridurla, uno degli strumenti più utili è l’incremento dei tassi di interesse. Una simile misura limiterebbe infatti la capacità delle imprese e delle famiglie di prendere soldi in prestito, considerato che tassi di interesse più elevati sono uguali a maggiori costi di indebitamento.

Ne consegue che con una politica monetaria restrittiva verrebbero limitate le attività di investimento delle imprese e la spesa delle famiglie, con riduzione della domanda di beni e di servizi. La crescita economica può dunque rallentare ma, d’altra parte, gli alti tassi di interesse e la domanda ridotta potrebbero ridurre la pressione inflazionistica.

Anche in questo caso, però, bisogna sempre guardare le due facce della stessa moneta. Mediante una politica restrittiva, infatti, la banca centrale punta ad aumentare i tassi reali e, aumentando i tassi reali, le attività finanziarie e patrimoniali del Paese tendono a divenire più attraenti, a causa del loro rendimento più elevato. Ne consegue che gli investitori nazionali tenderanno ad essere più disposti a investire nel proprio Paese e gli investitori stranieri tenderanno a espandere le proprie posizioni in obbligazioni nazionali, nell’immobiliare, e così via. L’aumento dell’attività di investimento nazionale porterà a una domanda più elevata per la moneta nazionale, e il tasso di cambio della moneta nazionale tenderà ad incrementare.

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In che modo la banca centrale sceglie la sua politica monetaria

Non è facile cercare di riassumere quali sono gli elementi che una banca centrale dovrebbe assumere in maggiore considerazione per poter orientare la propria politica monetaria. Sicuramente, tra i principali ci sono i tassi di inflazione, la crescita economica, gli indicatori macroeconomici ulteriori come il tasso di disoccupazione. Il tutto, ponderato con i propri target, ovvero con i livelli giudicati “desiderabili”, e che di norma vengono inseriti nello statuto delle istituzioni monetarie.

A titolo di esempio, evidenziamo come la Federal Reserve e la Banca Centrale Europea abbiano fissato nel 2% a/a un obiettivo di inflazione. Nel caso in cui l’inflazione sia al di sotto dell’obiettivo si andrà ad attuare una politica monetaria accomodante, e viceversa.

Si tenga inoltre conto che le politiche monetarie vengono mosse in maniera molto graduale, a piccoli passi: un simile approccio cauto è richiesto non solamente per la stabilità, quanto anche perchè la banca deve vedere in che misura questo aggiustamento avrà un impatto sull’economia globale. È proprio per questo motivo che di solito i tassi vengono alzati o diminuiti per 25 pb o per 50 pb. Ed è anche per questo motivo che i cicli di aumento o di diminuzione avvengono nell’arco di più anni.

Infine, sottolineiamo come generalmente l’adozione di politiche di tassi più bassi avvenga con maggiore celerità, mentre i cambiamenti di tassi di interesse al rialzo si verificano in modo più lento.

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